DIpartiMENTALI - Mente gravida... Racconti,poesie,poemetti,canzoni. Pubblicazioni il Lunedì e il Giovedì. Lunedì dedicato a Poesie,Canzoni,Disegni,Pensieri Giovedì Racconti brevi o meno brevi. Una sorta di diario digitale dello scrittore che con il suo esordio letterario vuole aiutare chi lo segue ad essere sempre aggiornato sulle sue nuove idee e chi non lo conosce ad incuriosirlo nel leggere le sue opere.
giovedì 28 dicembre 2017
CERCHI DI ESSERE
Come uno scoglio contro un mare in tempesta
Come una zattera nelle stesse acque
Un vecchio pescatore
Rami di quercia e non braccia
Vene in rilievo come tunnel di animali sotterranei
Preghiere e bestemmie
Sacro e profano
Salsedine nell'aria che riempie i polmoni
Rughe come crepe nella terra arida
Cerchi di essere qualcosa che resta
O almeno qualcosa che manca
Una parola scritta
Magari detta
Forse pensata
Cerchi di essere
Ma perdi il tuo tempo
sabato 23 dicembre 2017
martedì 19 dicembre 2017
TI HO CERCATA
Ti ho cercata
Ti ho cercata nei
giorni caldi d’estate
Ed ho trovato una
folata di vento fresco
Ti ho cercata nei
giorni grigi di autunno
E ho trovato un raggio
di sole
Ti ho cercata nei
giorni freddi d’inverno
E ho trovato un fuoco
caldo
Ti ho cercata nei
colori della primavera
E ho trovato l’amore
Sbocciava lì senza cura
Sbocciava comunque
senza acqua
Sbocciava da solo
Sbocciava nonostante
tutto
Difficile da credere
Ma se una cosa deve
vivere vivrà
domenica 17 dicembre 2017
giovedì 14 dicembre 2017
LO SO!
Nel
silenzio di casa sua Marco vagava col pensiero.
La sua mente macinava fantasie, il ronzio nelle sue orecchie era quasi
assordante, una poltrona lo accolse come lo stesse aspettando. La sua faccia
affondò tra le mani “Cos’è che mi manca?” pensava stanco “Cos’è questo vuoto?”
Il vuoto attorno a lui lo stava assalendo, la solitudine era in agguato.
Era solo e non voleva esserlo, era stanco e non voleva dormire, era fermo e
voleva correre.
Il suono del campanello lo fece sussultare. Attraversò il corridoio in
una specie di trance, il disordine era dentro e fuori, l’appartamento
inguardabile. Quando arrivò alla porta guardò dietro di se “Si dovrebbe fare un
po’ d’ordine” si disse grattandosi la testa piena di capelli scurissimi “qui
dentro e qui fuori”.
Il cappotto sul suo appendiabiti era l’unica cosa al suo posto. Il resto
della casa sembrava essere stata invasa da un esercito di scimmie impazzite. I
fumetti che di solito si trovavano sulla mensola erano sparsi sul pavimento.
Ancora ricordava quella sera in cui preso da un raptus si mise a cercare “Il
lungo addio”. Ricordava quando aveva finito di leggerlo e aveva pianto. Le
lacrime calde gli avevano fatto sognare Silvia, quando gli accarezzava le
guance sempre rasate prima di…
I libri che una volta stavano in ordine di altezza nella libreria,
sistemati per autore, e in alcuni casi per genere, ora non si trovavano nemmeno
più lì, sparsi per casa, letti a metà, aperti e richiusi, libri che aveva avuto
paura di finire, troppo era il ricordo di lei, di quando in quello stesso
appartamento si sedevano l’uno di fronte all’altro a leggerli e poi a
commentarli.
I ritagli di giornale appesi al muro non lo aiutavano a dimenticare, lui
non voleva, l’avrebbe portata sempre dentro di lui, l’avrebbe amata per sempre.
Marco sentì di nuovo le lacrime risalire, sentì la tristezza correre a
travolgerlo, sentì l’amarezza che provò quando comprese di essere inerme di
fronte ad un fatale destino che gliel’aveva portata via. Un destino che lui
aveva aiutato.
Il campanello suonò di nuovo e di nuovo Marco trasalì. “Chi sarà?” si
domandò. Da quando Silvia era morta nessuno più lo cercava, in fondo tutti
avevano dato la colpa a lui di quello che era successo, in fondo la colpa se
l’era sempre attribuita anche lui, forse in fondo era davvero colpa sua. Lei lo
aveva abbandonato per lasciarlo in ottima compagnia, il rimorso.
Quando tornò a girarsi verso la porta d’ingresso tirò un sospiro
profondo, non aveva voglia di ricevere nessuno “E se facessi finta di non
esserci?” in quell’istante il campanello risuonò, come se la persona oltre l’uscio
avesse sentito il suo pensiero, “Lo so che ci sei!” una voce arrivò
all’orecchio di Marco, si guardò attorno ma si rese conto che era arrivata
dalla sua mente. Si fece coraggio e afferrò la maniglia della porta, tirò a se
e i suoi occhi incrociarono un viso conosciuto, le gambe quasi non ressero…
-Ciao Marco!
Silvia era lì, ferma sulla soglia e lo guardava con un sorriso che lui
riconosceva. Il battito accelerato del suo cuore lo stava facendo impazzire, da
un momento all’altro sarebbe svenuto, lo sentiva. Chiuse gli occhi e sperò che
quando li avesse riaperti lei fosse sparita, ma non fu così e lui, nel
profondo, se ne rallegrò.
-Che fai- disse lei inclinando il
capo di lato -non mi fai entrare?
Automaticamente Marco si spostò
di lato e Silvia gli passò davanti, davanti ai suoi occhi spalancati, davanti
al suo respiro affannoso, davanti alla sua incredulità. Percepì il suo
inconfondibile odore.
-Vedo che te la passi bene…
La sua affermazione era ironica e
Marco la riconobbe, ricordò quando lei scherzava, e ricordò quanto gli piacesse
quell’ironia.
-Ma tu…
Lei non lo lasciò finire
-Scccccccch!- il suo indice era
salito fino alla punta del naso e davanti alla bocca –non si dice- e fece un
occhiolino.
-Sto sognando?- domandò Marco
dopo aver chiuso la porta -è l’unica spiegazione.-
-Non stai sognando- Silvia gli
rispose poco prima di girarsi e dirigersi verso il soggiorno. Si muoveva come
se fosse casa sua e per un breve periodo lo era stata “Troppo breve” il
pensiero che formulò Marco fu velocissimo.
-Allora come è possibile che tu
sia qui?
-Le cose accadono e non c’è
spiegazione alcuna, la stessa vita può essere un sogno, magari fatto da qualcun
altro.
Continuava a camminare nell’eleganza
che la caratterizzava. I lunghi capelli scuri come sempre le sfioravano il
fantastico sedere, Marco osservò quella scena come aveva fatto milioni di volte
e la seguì
-Da quand’è che hai bisogno di
una governante?
Silvia parlò mentre si guardava
attorno. Le videocassette erano in qualsiasi posto tranne dove dovevano essere,
la tv era spenta e il tenebroso silenzio stava quasi uccidendo le orecchie di
Marco.
-Metto un po’ di musica?- le
chiese con una punta di timore, un pensiero rapido gli aveva attraversato la
mente, la paura di svegliarsi all’improvviso con la radiosveglia che suonava
sul comodino.
Lei si gettò sulla poltrona che qualche minuto prima era occupata da lui
e puntò di nuovo i suoi occhi verdi in quelli scurissimi del suo amore di
sempre
-Sì, un po’ di musica mi va!- la
sua voce, la sua voce era la musica che gli mancava.
Marco raggiunse lo stereo e cercò un cd tra il disordine che s’era
creato in quei mesi in cui lei lo aveva abbandonato.
Quando il dolce suono dei violini di Bitter sweet symphony riempì la stanza Silvia si rilassò sulla
poltrona, ora sì che era a casa.
Marco arrivò al divano ed ora erano uno di fronte all’altro, come quando
insieme leggevano, come quando chiacchieravano, come quando lei era ancora
viva.
Lei aveva gli occhi chiusi e continuava ad ascoltare la dolce musica in
sottofondo. Ad un certo punto parlò e Marco ebbe l’ennesimo sussulto
-Ti starai chiedendo cosa ci
faccio qui…
Marco non rispose, lo sapeva cosa
voleva, o almeno lo sospettava.
Alle spalle di Silvia c’era un’oscurità innaturale e da quell’oscurità arrivò
una strana voce, una terribile voce che diede quasi il colpo di grazia a un
Marco atterrito dal terrore
-Lo sa cosa ci fai qui…
La schiena di Marco era ora schiacciata alla spalliera del suo divano
che non aveva mai sentito così freddo, da lontano si sentivano i rintocchi del
campanile che annunciavano la mezzanotte.
Gli occhi di Marco erano fissi su quell’oscurità
-Chi sei?- domandò col terrore
nella voce -chi sei?-
Silenzio. Marco guardò verso lo
stereo, anche lui aveva smesso di suonare, non sapeva nemmeno da quanto.
-Non avere paura- la voce di
Silvia era allegra, quasi divertita dalla situazione –è con me, è lui che mi ha
portato qui.
Ora non riconosceva più la sua amata, sembrava diversa, nei suoi occhi
vedeva una punta d’odio. Fu solo un lampo eppure il povero Marco lo aveva
avvertito.
-Cosa volete?- quasi gridò –CHI SIETE?-
ormai urlava.
-Calmo- l’apostrofò Silvia
-pensavo sapessi quello che siamo venuti a prendere questa notte.
Lo sguardo scuro di Marco si posò sul pavimento
-Questa notte- ripeté tra se e se
-mi dispiace- non riusciva a guardarla in faccia -mi dispiace-
Lei non rispose e Marco alzò la
testa con la speranza che fosse sparita, ma lei era ancora lì e lo guardava in
un modo che non aveva mai fatto.
La tv si accese all’improvviso e sullo schermo apparve il suo viso, il viso di Marco
-Che succede?- domandò girandosi
verso di lei. Silvia rifece il gesto di
qualche minuto prima e lo zittì
-Guarda, è il mio film preferito-
con un gesto del capo lo invitò a girare lo sguardo verso il televisore.
Il Marco protagonista in tv stava
scrivendo una lettera ed era sudato, spaventato.
-Te la ricordi quella lettera?-
gli domandò Silvia
-Sì- rispose con un filo di voce,
subito dopo sullo schermo comparve il corpo nudo di Silvia in una vasca piena
di acqua e sangue.
-No!- gridò lui -no, vi prego!-
le sue mani arrivarono a coprire il viso ma quell’immagine non scomparì, era
impressa nella sua mente. Tutte le notti lo andava a trovare, tutte le notti lo
tormentavano i polsi di lei squarciati da una lametta e dal dolore che gli
aveva causato con quella lettera.
-Mi avevi abbandonata!- disse lei
con un filo di voce
-Lo so!- rispose lui senza
guardarla.
-Aspettavo il nostro bambino!-
non cambiò il tono della voce
-Lo so!- rispose lui un po’ più
forte
-Stavi scappando da noi, dalle
tue responsabilità
-Lo so!- Marco quasi gridava.
-Eri spaventato…
-LO SO!- ora stava decisamente urlando, sembrava riuscisse a dire
solo quelle due parole, ma continuò -non mi sentivo pronto, avevo tante cose da
fare ancora, avevo dei sogni!-il suo viso era pieno di lacrime. Lei lo guardava
senza espressione.
-E li hai realizzati?
-NO!- lo sguardo di Silvia lo
stava uccidendo.
-Mi dispiace- diceva tra i
singhiozzi -perdonami! Ti prego!
Silvia si alzò e gli si mise
davanti. Lui alzò lo sguardo verso di lei, quello sguardo pieno di dolore
-Io ti amavo- era vero, l’aveva
sempre amata e subito dopo aver scritto quella lettera se ne era già pentito -non
t’avrei lasciata, ero tornato!
-Lo so!- questa volta fu lei a
pronunciare quelle due parole in un soffio
-Perdonami ti prego!- Marco
afferrò le sue gambe –perdonami!
-Io l’ho già fatto- mentre
pronunciava quelle parole si chinò a baciargli la nuca -ora tocca a te
perdonarti- lo accarezzò e lui alzò lo sguardo verso di lei, sorrideva.
Silvia si fece da parte e alle
sue spalle comparì un uomo vestito di nero, era elegantissimo. Il suo viso
aveva tratti orientali e le sue guance erano piene di una barba folta ma
curata. Gli occhi di quell’uomo erano
scuri, scuri come la notte che c’era fuori da quell’appartamento di un
quinto piano che in quel momento Marco sentiva sotto terra.
L’uomo allungò una mano verso di lui e Marco d’istinto cercò lo sguardo
di Silvia, lei con un cenno del capo disse -Vai-
Marco afferrò la mano dello
sconosciuto apparso dal buio e si alzò dal divano in cui era sprofondato. Ora
non aveva più paura.
Si incamminarono verso il balcone che magicamente si era aperto, Marco tornò a cercare lo
sguardo di Silvia che ormai era alle sue spalle e le disse -Addio-
-Arrivederci- gli rispose lei con
lo sguardo sereno.
Lei rimase lì a guardare quella scena, vide Marco uscire in terrazzo e
l’uomo vestito in nero seguirlo.
La buia notte si abbatté su di lui come una tenda di un velluto pesante,
sentì un rumore alle sue spalle e girò la testa di scatto. L’uomo dai tratti
orientali e vestito come un fotomodello Versace aveva dietro le spalle due
enormi ali bianche. Marco sorrise e tornò a guardare avanti, avvertì una
pressione sotto le ascelle e all’improvviso si sentì leggero. Stava andando incontro alla notte più
buia.
Gli uccelli cinguettavano dopo il risveglio di una lunga notte. La luce
dell’alba illuminò il corpo inerme di Marco sul selciato.
Qualcuno gli si avvicinò
-O mio Dio!- una donna che
passava di lì -Si è ammazzato!
-Ha fatto un volo di cinque
piani!- gridava la gente.
Quando qualcuno ebbe il coraggio di avvicinarsi si rese conto che sul
suo viso, sul volto di quel giovane suicida, era stampato un sorriso. Il
rimorso lo aveva ucciso, il rimorso lo aveva liberato.
FINE
lunedì 11 dicembre 2017
E TU SBIADISCI!
A volte ti sogno
È passato del tempo ma a volte capita
Certo sempre più raramente
E penso che non vieni più a trovarmi
Ma è giusto!
Sono io che dovrei venire più spesso da te
La vita ti consuma
Il tempo ti sfugge
Scappi, corri, ti affanni….
Ma alla fine è solo aria quella che sposti
E tu sbiadisci
E questo mi fa male
E tu sbiadisci
E questo mi commuove
Ma anche se è sempre più pieno
Un anglo nel mio cuore lo troverai sempre.
Iscriviti a:
Commenti (Atom)





