Lo sai benissimo che quando te ne
sarai andato parleranno della tua vita, ed è per questo che vuoi raccontare di
come sei morto!
Sudore! Caldo! Euforia! Adrenalina!
Scendi dal palco in estasi. Ti
senti come se gradualmente rimpicciolissi dopo essere stato un gigante. Ti
senti come se lentamente tornassi umano dopo essere stato Dio.
Sentire il tuo nome invocato da
migliaia di fans e i versi scritti da te cantati in coro da una miriade di
gente. Cosa c'è di più simile a sentirsi immortali?!
Però quando scendi da quel palco ti
vengono i brividi, la metamorfosi alla normalità fa un male cane. E allora ci
vuole un po' di roba che ti scorra nelle vene, ci vuole qualcosa che ti tiri
su, ci vuole una bomba nel cervello.
«Ehi Clammy! Dove cazzo vai?» La
voce di Mark ti fa voltare. «Sei stato
un grande amico!»
I complimenti non ti interessano
più. Non è più come all'inizio. Non è come da ragazzino, quando ti applaudivano
ed eri già contento che non ti avevano lanciato lattine vuote o resti di cibo.
Quando suonavi in quelle bettole di merda, piene di ubriaconi bacati che non
capivano un cazzo di musica e continuavano a chiederti di suonare "Sympathy
for the devil".
No, ora è tutto diverso! Ora sei tu
il diavolo! E hai solo bisogno di una botta forte alla testa che sta perdendo
il ritmo. Senti quasi il dolore alla mano, quel pulsare alle dita che ti prende
dopo aver suonato per più di due ore il basso. Il polso sembra non voler
reggere il peso della mano.
Raggiungi Mark «Dammi qualcosa!»
Gli dici riconoscendolo appena.
Lui infila la mano nella tasca e ti
porge una stagnola arrotolata alla meglio. Poi ti abbraccia e quasi ti strozza.
«Sei un fottuto Dio amico mio! Mick
ti può solo lavare i piedi bello!»
Qualche anno fa non ti avrebbe
nemmeno toccato Mark, che con gli altri ti appiopparono il soprannome di "Clammy".
Viscido un cazzo! Ti era piaciuto così tanto che l'avevi tenuto come nome
d'arte. Ora non ti considerano clammy ma tutti vogliono un pezzo di te.
Ti guardi attorno e in mezzo a
tutte quelle facce di mostri che ti circondano non riesci a vedere quella che
ti interessa davvero.
«Dov'è Penny?» Chiedi mentre
affondi le narici nella polvere bianca che trovi all'interno della stagnola di
Mark «quella stronzetta non c'è mai nei momenti importanti!» La coca fa quasi
subito il suo effetto e quelli che prima ti sembravano mostri iniziano ad
assumere lineamenti meno inquietanti. Ti stai riprendendo e tiri un grosso respiro.
Hai voglia di fumare. Mark ti legge nel pensiero e ti passa il pacchetto di
Lucky Strike. Ne peschi una e l'accendi. Il camerino si riempie di fumo e le
voci iniziano a darti meno fastidio .
«Dove cazzo sta Penny?!» Urli ormai
furioso. Silenzio improvviso. Tutti ti guardano, qualcuno abbozza un sorrisetto
maligno.
«Furio dai coglioni!» su tutte le
furie sei deciso a levarti quelle sanguisughe dai piedi. «FUORI!» apri la porta
del camerino e oltre l’uscio c'è Penny con un tizio che, se ti fossi fermato un
attimo a guardare, somiglia molto a te, almeno nel modo di vestire. Vedi i due
scambiarsi qualcosa.
«Ecco dov'eri! piccola troietta!»
La afferri per un braccio e la tiri all'interno del camerino.
Sono tutti fermi a guardare la
scena.
«Ancora qui?! Ma non capite quando
vi parlo? Fuori dalle palle!» e inizi a tirar calci e pugni ovunque. Senti qualche urlo e ti arriva qualche
spintone, ma nessuno che reagisce con convinzione.
Finalmente solo! Il silenzio ti dà
quasi più fastidio del vociare di prima. Sai che quando arriverai in albergo ci
vorrà una grossa e massiccia dose per poter rilassare i tuoi nervi a corda di
violino.
«Allora? Che cazzo stavi facendo
qui fuori con quella faccia di merda?» Le orecchie ti fischiano, sei quasi
sicuro che se lei ti rispondesse non la sentiresti. Ma lei non fa altro che
tirare fuori una bustina con della polvere all'interno.
Quando la vedi ti rilassi.
«Porca puttana! Dillo prima che eri
andata a far scorte.»
«Ce la facciamo subito?» ti chiede
vogliosa. Ha il trucco colato e i capelli sconvolti. Lo sai che per quella bustina
può aver fatto di tutto. Non li vuole i tuoi soldi per far compere, vuole
essere autonoma e tu sai benissimo da dove arriva la sua autonomia.
«No!» Le rispondi secco. Un po' non
ne hai voglia e un po' ti fa girare i coglioni tutta quella situazione,
vorresti tenerla legata a te, o in una campana di vetro, ma è uccel di bosco e
non puoi fermare qualcosa di selvaggio. «In albergo» continui senza
guardarla. «Piuttosto dì a Mark di
chiamare un taxi.»
«Ti piace dare ordini vero?! Mister
Rockstar?»
«Mi piace darli ma mi piace molto
di più quando li esegui!» La guardi torvo attraverso lo specchio dove hai
iniziato a toglierti il trucco che ti si è praticamente incrostato in faccia.
Lei capisce che non è aria perché, dopo qualche secondo in cui ha provato a
reggere lo sguardo, ti sorride, fa un inchino pizzicando la gonnella di tulle
che porta sui jeans strappati ed esce a cercare il tuo “amico” manager, o
almeno speri che sia così, non ti va di metterti a cercare quel leccaculo.
Guardi dal finestrino del taxi
scorrere una città che non è la tua.
New York ti ha fatto sempre cagare.
Con i suoi caffè radical chic e i neri a giocare a basket per strada. I suoi
"guarda che fighi i nostri palazzoni" e il suo parco di merda... quel
parco dove una notte ti eri avventurato per far spesa e quasi ti accoppavano.
Niente a che vedere con la tua Londra.
Aaah casa. I pub sempre aperti. La birra a fiumi, il tuo locale dove nessuno
viene a romperti i coglioni. Dove hai scritto un milione di canzoni, su quel
tavolo in legno logoro dal tempo. Dove il tuo spacciatore di fiducia ti trova
senza problemi. Tutta un'altra storia!
Nel taxi che scorre lento tra le
vie trafficate del centro Penny continua ad agitarsi, vuole farsi e non vede
l'ora di arrivare in hotel per bucarsi la sua vena preferita. Sei innamorato di
quella maledetta pazza, ti piace il suo modo di tenerti a se è respingerti
quasi contemporaneamente.
«Lasciala perdere a quella!» Ti
tornano alla mente le parole di Mark quando iniziasti a frequentarla «è una tossica
di merda!» non aveva tutti i torti. Aveva paura che ti trascinasse nel suo
oscuro tunnel e di perdere la gallina dalle uova d'oro.
Invece da quando la conosci sei
diventato più prolifico, scrivi di più e i tuoi versi sono ancora più
apprezzati, perché più psichedelici, manco fossi quel cazzo di re lucertola.
Ti piace l'eroina e non ne vuoi più
fare a meno come non puoi fare più a meno di Penny.
Arrivati nella camera dell'hotel
non cerchi nemmeno il bagno per farti una doccia, armate subito il tutto per un
bel festino privato. Vodka e sballo. Lei tira fuori la bustina che ti aveva
mostrato nel camerino, tu ti attacchi alla bottiglia che hai recuperato al bar
dell'hotel.
Con maestria Penny scalda il
cucchiaio e tu ti perdi nelle bollicine
che produce.
Ripensi a quanto era bello sognare
di essere una Rockstar famosa. Forse era più bello sognarlo che viverla quella
maledetta vita. Oggi sei sempre scontento. Sempre insoddisfatto. Sempre
strafatto.
Poi finalmente infili l'ago nella
vena e non senti immediatamente più nulla. Tutto perde i contorni e tu
finalmente ti rilassi e cerchi di farti trasportare dal trip che ti ha
riservato il regalo di Penny . Guardi lei fare lo stesso e sprofondare in una
poltrona.
La camera d'albergo si illumina
quasi a darti fastidio agli occhi. La luce è così forte e piacevole che ti ci
tufferesti dentro.
Una voce ti spegne tutto.
«Ciao Sidney!» Spalanchi gli occhi
e ti ritrovi davanti te stesso. Sì, sei proprio tu. Ma non ci credi. Pensi ad
uno specchio o a una allucinazione, più probabile.
«Chi cazzo sei?» Chiedi alla tua
copia che ti sta davanti.
«Sono te amico mio! Sono la tua
cattiveria fatta persona.»
Guardi la sua mano e vedi il tuo
coltello, lo riconosci perché è una rarità, con il suo manico in madreperla
intagliata, lo riconosci perché è quello che ti ha regalato Penny, e senti la
consistenza del manico nella tua di mano.
Il te esterno prende la tua ragazza
che sta sdraiata sulla poltrona e la fa mettere in piedi. Lei a stento apre gli occhi.
«Cazzo vuoi?!» La senti farfugliare
appena. Ed è lì che parte la prima coltellata alla pancia. Lei spalanca gli
occhi, dal dolore o dalla sorpresa, la sorpresa di accorgersi che la stai
ammazzando. Urli qualcosa ma non sei nemmeno sicuro di averlo fatto. Provi a metterti in piedi ma sei bloccato e
non ci riesci. Sei fuori dal tuo corpo senza la possibilità di fare qualcosa e
fermare te stesso che assassina la tua amata.
«L'hai sempre considerata una
puttana di merda!» ti dice il tuo te stesso mentre sferra un'altra coltellata «è
quello che si merita amico mio!»
Piangi e la tua vista è sempre più
appannata, forse svieni o non ricordi nulla.
Ti svegli e vedi l'unica cosa che
ti interessa al mondo in una pozza di sangue, ferma immobile, con gli occhi ancora
sgranati. Il coltello nella tua mano destra lo lasci cadere sulla sudicia
moquette del pavimento del Celsea Hotel. Cerchi sempre un posto che ti ricordi
casa quando sei fuori dalla tua città.
Piangi per un tempo che ti sembra
infinito. Senti bussare alla porta. Afferri quello che resta dell'eroina e te
la inietti. Lo fai con voglia e con disprezzo.
Sai che quella sarà la tua ultima dose. Sai che sarà il tuo ultimo
viaggio. Sai che da quel punto non si torna più indietro.
Afferri la mano di Penny e ti
sdarai al suo fianco. Il cuore inizia la sua corsa impazzita, la bava ti fuoriesce
dall'angolo della bocca, i muscoli iniziano a contrarsi in modo convulso come
se stessi ballando una macabra danza.
Tutte le tue canzoni, quelle che
qualche ora prima avevi cantato davanti a migliaia di persone ti passano nel
cervello. L'ultimo barlume prima che si faccia buio, il suo odore.
Corro
a cercarti, non lasciarmi indietro
Ti
seguirò ovunque fosse anche oltre la morte
Se
c’è rimedio o questa è la sorte
Spalancherò
quelle maledette porte
Sarò
lo scalpello che spaccherà il tuo cuore di pietra.
Gli ultimi versi ti girano nella
testa. Gli ultimi versi di una canzone mai suonata, mai incisa, mai sentita.
Poco importa che si scoprirà che un figlio di puttana vestito in modo
identico al tuo era stato appena fermato. Poco importa che fosse stato lui ad
ucciderla, lo stesso che vi aveva venduto l'eroina. Poco importa che la mano
non era la tua, quella col coltello.
Sai solo che è colpa tua e che se
lei non c'è più non esisti nemmeno tu.
FINE

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