giovedì 23 novembre 2017

SID THE CLAMMY


Lo sai benissimo che quando te ne sarai andato parleranno della tua vita, ed è per questo che vuoi raccontare di come sei morto!

Sudore! Caldo! Euforia! Adrenalina!
Scendi dal palco in estasi. Ti senti come se gradualmente rimpicciolissi dopo essere stato un gigante. Ti senti come se lentamente tornassi umano dopo essere stato Dio.
Sentire il tuo nome invocato da migliaia di fans e i versi scritti da te cantati in coro da una miriade di gente. Cosa c'è di più simile a sentirsi immortali?!
Però quando scendi da quel palco ti vengono i brividi, la metamorfosi alla normalità fa un male cane. E allora ci vuole un po' di roba che ti scorra nelle vene, ci vuole qualcosa che ti tiri su, ci vuole una bomba nel cervello.
«Ehi Clammy! Dove cazzo vai?» La voce di Mark  ti fa voltare. «Sei stato un grande amico!»
I complimenti non ti interessano più. Non è più come all'inizio. Non è come da ragazzino, quando ti applaudivano ed eri già contento che non ti avevano lanciato lattine vuote o resti di cibo. Quando suonavi in quelle bettole di merda, piene di ubriaconi bacati che non capivano un cazzo di musica e continuavano a chiederti di suonare "Sympathy for the devil".
No, ora è tutto diverso! Ora sei tu il diavolo! E hai solo bisogno di una botta forte alla testa che sta perdendo il ritmo. Senti quasi il dolore alla mano, quel pulsare alle dita che ti prende dopo aver suonato per più di due ore il basso. Il polso sembra non voler reggere il peso della mano.
Raggiungi Mark «Dammi qualcosa!» Gli dici riconoscendolo appena.
Lui infila la mano nella tasca e ti porge una stagnola arrotolata alla meglio. Poi ti abbraccia e quasi ti strozza.
«Sei un fottuto Dio amico mio! Mick ti può solo lavare i piedi bello!»
Qualche anno fa non ti avrebbe nemmeno toccato Mark, che con gli altri ti appiopparono il soprannome di "Clammy". Viscido un cazzo! Ti era piaciuto così tanto che l'avevi tenuto come nome d'arte. Ora non ti considerano clammy ma tutti vogliono un pezzo di  te.
Ti guardi attorno e in mezzo a tutte quelle facce di mostri che ti circondano non riesci a vedere quella che ti interessa davvero.
«Dov'è Penny?» Chiedi mentre affondi le narici nella polvere bianca che trovi all'interno della stagnola di Mark «quella stronzetta non c'è mai nei momenti importanti!» La coca fa quasi subito il suo effetto e quelli che prima ti sembravano mostri iniziano ad assumere lineamenti meno inquietanti. Ti stai riprendendo e tiri un grosso respiro. Hai voglia di fumare. Mark ti legge nel pensiero e ti passa il pacchetto di Lucky Strike. Ne peschi una e l'accendi. Il camerino si riempie di fumo e le voci iniziano a darti meno fastidio .
«Dove cazzo sta Penny?!» Urli ormai furioso. Silenzio improvviso. Tutti ti guardano, qualcuno abbozza un sorrisetto maligno.
«Furio dai coglioni!» su tutte le furie sei deciso a levarti quelle sanguisughe dai piedi. «FUORI!» apri la porta del camerino e oltre l’uscio c'è Penny con un tizio che, se ti fossi fermato un attimo a guardare, somiglia molto a te, almeno nel modo di vestire. Vedi i due scambiarsi qualcosa.
«Ecco dov'eri! piccola troietta!» La afferri per un braccio e la tiri all'interno del camerino.
Sono tutti fermi a guardare la scena.
«Ancora qui?! Ma non capite quando vi parlo? Fuori dalle palle!» e inizi a tirar calci e pugni ovunque.  Senti qualche urlo e ti arriva qualche spintone, ma nessuno che reagisce con convinzione.
Finalmente solo! Il silenzio ti dà quasi più fastidio del vociare di prima. Sai che quando arriverai in albergo ci vorrà una grossa e massiccia dose per poter rilassare i tuoi nervi a corda di violino.
«Allora? Che cazzo stavi facendo qui fuori con quella faccia di merda?» Le orecchie ti fischiano, sei quasi sicuro che se lei ti rispondesse non la sentiresti. Ma lei non fa altro che tirare fuori una bustina con della polvere all'interno.
Quando la vedi ti rilassi.
«Porca puttana! Dillo prima che eri andata a far scorte.»
«Ce la facciamo subito?» ti chiede vogliosa. Ha il trucco colato e i capelli sconvolti. Lo sai che per quella bustina può aver fatto di tutto. Non li vuole i tuoi soldi per far compere, vuole essere autonoma e tu sai benissimo da dove arriva la sua autonomia.
«No!» Le rispondi secco. Un po' non ne hai voglia e un po' ti fa girare i coglioni tutta quella situazione, vorresti tenerla legata a te, o in una campana di vetro, ma è uccel di bosco e non puoi fermare qualcosa di selvaggio. «In albergo» continui senza guardarla.  «Piuttosto dì a Mark di chiamare un taxi.»
«Ti piace dare ordini vero?! Mister Rockstar?»
«Mi piace darli ma mi piace molto di più quando li esegui!» La guardi torvo attraverso lo specchio dove hai iniziato a toglierti il trucco che ti si è praticamente incrostato in faccia. Lei capisce che non è aria perché, dopo qualche secondo in cui ha provato a reggere lo sguardo, ti sorride, fa un inchino pizzicando la gonnella di tulle che porta sui jeans strappati ed esce a cercare il tuo “amico” manager, o almeno speri che sia così, non ti va di metterti a cercare quel leccaculo.

Guardi dal finestrino del taxi scorrere una città che non è la tua.
New York ti ha fatto sempre cagare. Con i suoi caffè radical chic e i neri a giocare a basket per strada. I suoi "guarda che fighi i nostri palazzoni" e il suo parco di merda... quel parco dove una notte ti eri avventurato per far spesa e quasi ti accoppavano.
Niente a che vedere con la tua Londra. Aaah casa. I pub sempre aperti. La birra a fiumi, il tuo locale dove nessuno viene a romperti i coglioni. Dove hai scritto un milione di canzoni, su quel tavolo in legno logoro dal tempo. Dove il tuo spacciatore di fiducia ti trova senza problemi. Tutta un'altra storia!
Nel taxi che scorre lento tra le vie trafficate del centro Penny continua ad agitarsi, vuole farsi e non vede l'ora di arrivare in hotel per bucarsi la sua vena preferita. Sei innamorato di quella maledetta pazza, ti piace il suo modo di tenerti a se è respingerti quasi contemporaneamente.
«Lasciala perdere a quella!» Ti tornano alla mente le parole di Mark quando iniziasti a frequentarla «è una tossica di merda!» non aveva tutti i torti. Aveva paura che ti trascinasse nel suo oscuro tunnel e di perdere la gallina dalle uova d'oro.
Invece da quando la conosci sei diventato più prolifico, scrivi di più e i tuoi versi sono ancora più apprezzati, perché più psichedelici, manco fossi quel cazzo di re lucertola.
Ti piace l'eroina e non ne vuoi più fare a meno come non puoi fare più a meno di Penny.
Arrivati nella camera dell'hotel non cerchi nemmeno il bagno per farti una doccia, armate subito il tutto per un bel festino privato. Vodka e sballo. Lei tira fuori la bustina che ti aveva mostrato nel camerino, tu ti attacchi alla bottiglia che hai recuperato al bar dell'hotel.
Con maestria Penny scalda il cucchiaio e tu ti perdi nelle bollicine  che produce.
Ripensi a quanto era bello sognare di essere una Rockstar famosa. Forse era più bello sognarlo che viverla quella maledetta vita. Oggi sei sempre scontento. Sempre insoddisfatto. Sempre strafatto.
Poi finalmente infili l'ago nella vena e non senti immediatamente più nulla. Tutto perde i contorni e tu finalmente ti rilassi e cerchi di farti trasportare dal trip che ti ha riservato il regalo di Penny . Guardi lei fare lo stesso e sprofondare in una poltrona. 
La camera d'albergo si illumina quasi a darti fastidio agli occhi. La luce è così forte e piacevole che ti ci tufferesti dentro.
Una voce ti spegne tutto.
«Ciao Sidney!» Spalanchi gli occhi e ti ritrovi davanti te stesso. Sì, sei proprio tu. Ma non ci credi. Pensi ad uno specchio o a una allucinazione, più probabile.
«Chi cazzo sei?» Chiedi alla tua copia che ti sta davanti.
«Sono te amico mio! Sono la tua cattiveria fatta persona.»
Guardi la sua mano e vedi il tuo coltello, lo riconosci perché è una rarità, con il suo manico in madreperla intagliata, lo riconosci perché è quello che ti ha regalato Penny, e senti la consistenza del manico nella tua di mano.
Il te esterno prende la tua ragazza che sta sdraiata sulla poltrona e la fa mettere in piedi.  Lei a stento apre gli occhi.
«Cazzo vuoi?!» La senti farfugliare appena. Ed è lì che parte la prima coltellata alla pancia. Lei spalanca gli occhi, dal dolore o dalla sorpresa, la sorpresa di accorgersi che la stai ammazzando. Urli qualcosa ma non sei nemmeno sicuro di averlo fatto.  Provi a metterti in piedi ma sei bloccato e non ci riesci. Sei fuori dal tuo corpo senza la possibilità di fare qualcosa e fermare te stesso che assassina la tua amata.
«L'hai sempre considerata una puttana di merda!» ti dice il tuo te stesso mentre sferra un'altra coltellata «è quello che si merita amico mio!»
Piangi e la tua vista è sempre più appannata, forse svieni o non ricordi nulla.
Ti svegli e vedi l'unica cosa che ti interessa al mondo in una pozza di sangue, ferma immobile, con gli occhi ancora sgranati. Il coltello nella tua mano destra lo lasci cadere sulla sudicia moquette del pavimento del Celsea Hotel. Cerchi sempre un posto che ti ricordi casa quando sei fuori dalla tua città.
Piangi per un tempo che ti sembra infinito. Senti bussare alla porta. Afferri quello che resta dell'eroina e te la inietti. Lo fai con voglia e con disprezzo.  Sai che quella sarà la tua ultima dose. Sai che sarà il tuo ultimo viaggio. Sai che da quel punto non si torna più indietro.
Afferri la mano di Penny e ti sdarai al suo fianco. Il cuore inizia la sua corsa impazzita, la bava ti fuoriesce dall'angolo della bocca, i muscoli iniziano a contrarsi in modo convulso come se stessi ballando una macabra danza.
Tutte le tue canzoni, quelle che qualche ora prima avevi cantato davanti a migliaia di persone ti passano nel cervello. L'ultimo barlume prima che si faccia buio, il suo odore.

Corro a cercarti, non lasciarmi indietro
Ti seguirò ovunque fosse anche oltre la morte
Se c’è rimedio o questa è la sorte
Spalancherò quelle maledette porte
Sarò lo scalpello che spaccherà il tuo cuore di pietra.

Gli ultimi versi ti girano nella testa. Gli ultimi versi di una canzone mai suonata, mai incisa, mai sentita.

Poco importa che si scoprirà  che un figlio di puttana vestito in modo identico al tuo era stato appena fermato. Poco importa che fosse stato lui ad ucciderla, lo stesso che vi aveva venduto l'eroina. Poco importa che la mano non era la tua, quella col coltello.
Sai solo che è colpa tua e che se lei non c'è più non esisti nemmeno tu.

FINE

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