L'asfalto pieno di crepe scorreva veloce sotto il veicolo. Guardavo oltre il finestrino l'erba alta che caratterizza i campi in primavera, quei campi che da bambino prendevo a bastonate per improvvisarmi tagliaerba, ma in realtà gli davo solo una bella pettinata. Ed erano lì, quei cespugli ora a me inaccessibili, imprendibili. Rimpiangevo spesso quei periodi in cui camminavo tanto. Quelli in cui ero spensierato. Quelli in cui respiravo, senza rendermene conto, aria pulita.
Guardai verso la mia autista, distogliendo lo sguardo , controvoglia, da quello spettacolo che fuggiva alla mia coda dell'occhio. Era bella. Quando concentrata nella guida aggrottava leggermente le sopracciglia e diventava, se possibile, ancora più affascinante.
"Sei stanca?" Le chiesi quasi in un sussurro "se vuoi guido io per un po' "
"No ,non sono stanca, Guido io, tu pensa a rilassarti. E poi..." mi guardò con un dolcissimo sorriso stampato in viso "...non sapresti dove andare!"
Era vero. Si era messa in testa di farmi una sorpresa , e quel viaggio per me doveva essere senza meta. "Goditi il viaggio " mi aveva detto "e vedrai che l'arrivo sarà l'inizio di una seconda vacanza."
Era fatta così, quando si metteva una cosa in testa difficilmente le facevi cambiare idea. E quella era una di quelle occasioni.
Viaggiammo ancora per un bel po'. Io dormii persino, e sognai.
Sognai mia nonna che mi accarezzava i capelli. Lo faceva spesso quando era viva. E mi diceva "stai bene con i capelli lunghi " e oggi, dopo tanto tempo, ancora quando li faccio crescere penso a quella frase, così dolce e carica d'amore.
La macchina si fermò.
"Siamo arrivati! " disse sorridente.
Mi guardai in torno e il paesaggio mi era familiare.
Ero al mare!
Quel mare che frequentavo da piccolo, quel mare dove andavo con tutta, ma proprio tutta, la mia famiglia. Sembrava come se mia nonna sapesse dove stavo andando e mi fosse venuta in sogno per caricare ancor di più di nostalgia quel posto.
Il cuore prese a battere forte, un nodo mi strinse la gola.
Camminai fino alla riva e immediatamente tolsi le scarpe. Volevo sentire il mare!
Nel momento esatto in cui toccai l'acqua sentii una voce familiare.
"Non ti allontanare!" Era mia madre che, giovane come allora, mi urlava dal suo telo. "E stai attento ai tuoi fratelli! "
Mio padre era steso al suo fianco, il fisico asciutto di chi lavora e porta il pane a casa. Tutto intorno il resto della mia famiglia. Mio zio che giocava a calcio con dei ragazzi, mia zia che preparava i miei cugini, mio nonno in piedi a guardare l'orizzonte.
Un mocciosetto mi schizza con l'acqua fredda, ne arriva un altro e lo imita.
"Facciamo i tuffi? " mi chiedono i quasi gemelli. I miei fratelli.
Mi specchio sulla superficie del mare e l'immagine che mi ritorna è quella di un ragazzino abbronzato come un nordafricano. Torno a guardare la spiaggia, mancava una persona al quadretto che avevo visto prima, mia nonna. La cerco e finalmente la vedo. Seduta sulla sua seggiola che mi guarda e mi saluta protetta dal fresco dell'ombrellone.
"È presto per fare il bagno! " la voce di chi mi aveva portato fin lì mi riportò alla realtà.
Le sorrisi e mi immersi nell'acqua. Per non farle vedere le lacrime sul mio viso. Mi immersi in quel mare. Un mare di ricordi.

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